#design Archivi - Fashionlife Magazine https://www.fashionlifemagazine.com/tag/design/ tutto su cultura, attualità, bellezza, luxury ... Fri, 27 Dec 2024 17:01:07 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.2 https://www.fashionlifemagazine.com/wp-content/uploads/2025/02/cropped-Icon_fashionlifemagazine-32x32.png #design Archivi - Fashionlife Magazine https://www.fashionlifemagazine.com/tag/design/ 32 32 Bladi: L’Essenza del Marocco nel Cuore di Milano https://www.fashionlifemagazine.com/bladi-lessenza-del-marocco-nel-cuore-di-milano/ https://www.fashionlifemagazine.com/bladi-lessenza-del-marocco-nel-cuore-di-milano/#respond Mon, 23 Dec 2024 16:55:42 +0000 https://www.fashionlifemagazine.com/?p=8171 Ispirazione Marrakesh con il nome “Bladi”, in arabo “paese mio”, per il Natale di Moiré Gallery Milano, galleria d’arte e concept store in Via Borgospesso.

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Ispirazione Marrakesh con il nome “Bladi”, in arabo “paese mio”, per il Natale di Moiré Gallery Milano, galleria d’arte e concept store in Via Borgospesso. L’allestimento è dedicato alla forza espressiva del Marocco, paese natale di Ouafa Lotfi Tahoun, fondatrice e curatrice della galleria. «Bladi è una parola araba densa di significati – spiega Ouafa Lotfi Tahoun – letteralmente si traduce con “paese mio” ma è un concetto che porta con sé molto di più: il senso delle radici, delle tradizioni, dell’identità. È un termine che troviamo in moltissime canzoni arabe per esprimere fierezza per la propria terra d’origine, la sua storia millenaria, i suoi colori ammalianti e, allo stesso tempo, possiede un’accezione malinconica per chi vive lontano dalla sua patria e continua a portarla nel cuore.

Sono orgogliosa di portare la mia terra, il mio paese, nel centro più elegante e pulsante di Milano, attraverso proposte uniche e oggetti originali realizzati a mano da artigiani locali». La location è originale, alle pareti, preziosi tappeti berberi realizzati a mano si stagliano come arazzi, mentre su tavoli, petineuse e comodini d’antiquariato italiano trovano posto monili intarsiati a mano, zuccheriere, aspersori e tanti altri oggetti provenienti da Marrakesh e da Fes.

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Un nuovo spazio espositivo per Campomarzio70 che festeggia i suoi 20 anni insieme a Fornasetti https://www.fashionlifemagazine.com/un-nuovo-spazio-espositivo-per-campomarzio70-che-festeggia-i-suoi-20-anni-insieme-a-fornasetti/ https://www.fashionlifemagazine.com/un-nuovo-spazio-espositivo-per-campomarzio70-che-festeggia-i-suoi-20-anni-insieme-a-fornasetti/#respond Tue, 26 Nov 2024 15:02:14 +0000 https://www.fashionlifemagazine.com/?p=7833 Campomarzio70,marchio di fragranze selezionati, festeggia il suo 20° anniversario della nascita del brand con un nuovo spazio a Milano in via Manzoni e una collezione realizzata da Fornasetti. 

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Campomarzio70, marchio di fragranze selezionate , festeggia il suo 20° anniversario della nascita del brand con un nuovo spazio a Milano in via Manzoni e una collezione realizzata da Fornasetti. 
L’attività nasce a Roma con la famiglia Di Liello la famiglia apre la prima rivendita di oggetti per barberia, si sviluppa, poi, con i brand internazionali di profumeria artistica e a seguire quelli più innovativi di skincare. “Questo nuovo concept Campomarzio70 vuole offrire una molteplice esperienza, innanzitutto olfattiva e visiva,attraverso una serie di attività sensoriali a 360° di nuova introduzione, a partire dall’Essential Cocktail Bar e alla Champagneria realizzati rispettivamente insieme a Barman Eventi e a Champagne Encry” sottolinea il CEO Valentino Di Liello. The Essential Store Milano Manzoni, che segue le aperture, del franchising di Catania, dello shop in shop di Taormina e del pop up di Capri, inaugura la collaborazione con Fornasetti. Per l’occasione l’Atelier che crea preziose porcellane, mobili e raffinati complementi d’arredo, celebre soprattutto per le infinite variazioni del volto di Lina Cavalieri, firma una collezione di pezzi realizzati in esclusiva per Campomarzio70. Civette sui toni di grigio e mele rosse sono protagoniste del decoro “Civette con mele e foglie”, serigrafato e dipinto meticolosamente a mano su alcuni dei prodotti più riconoscibili dell’atelier milanese, come stipo, console, lampade nella versione classica e da terra, vassoi con diametro 40 e 60 cm, portacarte e sottobicchieri. 

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Tamara de Lempickaera tutte le sue donne https://www.fashionlifemagazine.com/tamara-de-lempicka-era-tutte-le-sue-donne/ Tue, 12 Oct 2021 10:00:37 +0000 https://theissue.fuelthemes.net/?p=107 Appassionata, provocatrice, libera e dallo spirito antesignano: ripercorriamo l’ascesa, la discesa e la nuova ribalta dell’artista polacca Le donne nella storia dell’arte sono, purtroppo, state numericamente inferiori rispetto agli artisti uomini. In parte perché un tempo non veniva permesso loro di esprimersi attraverso l’arte, in parte perché osteggiate da un sistema maschilista che ha sempre…

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Appassionata, provocatrice, libera e dallo spirito antesignano: ripercorriamo l’ascesa, la discesa e la nuova ribalta dell’artista polacca

Le donne nella storia dell’arte sono, purtroppo, state numericamente inferiori rispetto agli artisti uomini. In parte perché un tempo non veniva permesso loro di esprimersi attraverso l’arte, in parte perché osteggiate da un sistema maschilista che ha sempre impedito loro di farsi largo in questo mondo.
Fino alla metà del ‘900 erano poche le donne che erano riuscite a imporsi in modo incisivo nel panorama della storia dell’arte. Una di queste è sicuramente Tamara de Lempicka.
Donna intraprendente e appassionata, nasce in Polonia alla fine dell’800. Dopo aver girato l’Europa, essersi sposata giovanissima in Russia e aver avuto non pochi problemi con la legge a causa delle sue idee politiche, si stabilisce a Parigi dove negli anni ’20 si imbatte nello stile pittorico/stilistico più in voga in quegli anni e ne diventa una delle maggiori esponenti: l’Art Déco.
Innamorata della figura femminile (era dichiaratamente bisessuale, in un periodo storico in cui esprimere il proprio orientamento sessuale era un tabù), dipinge donne forti, dai lineamenti marcati, visi spigolosi e fisici morbidi e rotondi. Donne intraprendenti, donne moderne, donne sfacciate e intransigenti, donne di alta società e donne di malaffare. Nude o vestite di un semplice velo. In abiti castigati e in abiti provocanti. Donne che fumano e che guidano. Donne tristi e donne severe. Orge di donne. Donne mascoline. Talvolta anche uomini ma con tratti del volto femminili.

L’attenzione della Lempicka nei riguardi della figura femminile ha fatto pensare a molti che nei suoi ritratti si nascondesse parte della storia della stessa autrice, il forte carattere che possedeva e la libertà mentale di cui disponeva. Tamara de Lempicka era tutte le sue donne.
Agli inizi degli anni ’40, poco prima dello scoppio della la Seconda Guerra Mondiale, si trasferisce a Beverly Hills con il suo secondo marito. L’America e la modernità la allontanano dall’Art Déco e la avvicinano all’arte astratta. Diventa nomade anche negli Stati Uniti. Si trasferisce prima a Huston e poi a New York, mentre la sua arte diventa sempre meno incisiva e piano piano entra nel dimenticatoio. Ormai anziana lascia gli agi degli States e si innamora del rude Messico, dove morirà nel silenzio nel 1980.

Solo dopo la sua morte un’altra donna, libera e intraprendente come lei, amante dell’arte e delle donne, riesce a riabilitare il suo nome e la sua maestria: è grazie alla cantante Madonna che il nome di Tamara de Lempicka ritorna alla ribalta. Grande collezionista delle sue opere, Madonna usa i suoi quadri in diversi video musicali, imitandone lo stile e le pose nei servizi fotografici. I grandi fotografi di moda e i registi più famosi riproducono per Madonna i colori e le luci delle opere di Tamara de Lempicka. Il suo nome ritorna nel mercato dell’arte, vengono rispolverate le sue opere che iniziano a girare nei musei di tutto il mondo, conquistando un pubblico di ammiratori e di studiosi che daranno al grande talento della Lempicka la stima che merita.
Tamara de Lempicka era tutte le sue donne. Molto probabilmente Madonna è una di quelle.

 

 

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Metodo Irvine: un mix di precisione, curiosità, ricerca e tanta ironia https://www.fashionlifemagazine.com/metodo-irvine-un-mix-di-precisione-curiosita-ricerca-e-tanta-ironia/ Mon, 11 Oct 2021 11:20:39 +0000 https://theissue.fuelthemes.net/?p=45 L'articolo Metodo Irvine: un mix di precisione, curiosità, ricerca e tanta ironia proviene da Fashionlife Magazine.

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Studio Irvine uno studio milanese di architettura e design, specializzato nel design di prodotto, nella direzione artistica e nella progettazione di spazi e architetture materiche.
Capitanato oggi dall’architetto Marialaura Rossiello, lo studio stato fondato nel 1988 da James Irvine, l’indimenticato designer inglese arrivato a Milano a metà degli anni Novanta, attratto dalla cultura del design presente in città.
Un interesse che lo univa a Marialaura Rossiello, anch’essa spinta dallo stesso motivo a trasferirsi da Napoli. Nel corso della sua evoluzione, lo studio ha sviluppato un metodo progettuale fatto di curiosità, amore per i dettagli e molta ironia, unendo un approccio rigoroso di matrice britannica alla stratificazione della tradizione storica tipica dell’architettura italiana.

“Il Metodo Irvine un metodo elaborato nel corso dei trent’anni di storia dello studio ed implica un approccio riconoscibile non solo nel prodotto finale, ma nell’intero processo che, a partire dalla materia, coinvolge tutte le fasi della trasformazione: dalla produzione, alla comunicazione e alla strategia di prodotto. Un metodo che ho voluto sintetizzare nella lista di parole d’ordine che mi guidano lungo il percorso, a seconda che affronti il progetto dal punto di vista dell’art direction, del product design o del progetto d’architettura.

Rispettare la materia e i suoi processi produttivi. Costruire un’identità aziendale coerente e indipendente. Creare un team di lavoro in cui unire cultura di progetto e cultura d’impresa. Rispettare il Genius Loci. Progettare alchimie di spazio luce e materia. Ambire al timeless.
Mi piace chiamarlo Metodo Irvine: un mix di precisione, curiosità, ricerca e tanta ironia.
Per me ripartenza significa ricominciare dalla monomatericità”

 

“Il Metodo Irvine un metodo elaborato nel corso dei trent’anni di storia dello studio ed implica un approccio riconoscibile”

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Keith Haringl’artista democratico https://www.fashionlifemagazine.com/keith-haring-lartista-democratico/ Sun, 10 Oct 2021 16:24:59 +0000 https://theissue.fuelthemes.net/?p=165 L'articolo Keith Haring<br>l’artista democratico proviene da Fashionlife Magazine.

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Mi ha sempre fatto sorridere la reazione delle persone ogni volta che ho nominato Keith Haring. Lo sguardo perplesso per dire “di chi stai parlando?”, ma se al suo nome mostri anche una sua qualsiasi opera, il suo ineguagliabile stile, allora il volto delle persone si illumina: “Ah si si! Ora ho capito chi è!”.
Mi fa sorridere perchè, a 30 anni dalla sua morte, lo scopo di Keith Haring si può definire più che raggiunto.
Ma partiamo per gradi.
Keith Haring nasce in Pennsylvania nel 1958. Sin da bambino mostra una spiccata propensione artistica disegnando dei personaggi di fantasia che sono un misto fra un fumetto e un cartone animato. Famiglia di media borghesia, appoggiano il suo estro artistico iscrivendolo alla scuola d’arte ed è in quel momento che Keith apprende le tecniche e la conoscenza dei grandi artisti della storia, da Michelangelo a Leonardo Da Vinci, passando per  Caravaggio a Botero.

 

HARING/ 1995.87.2 001

Il desiderio fortissimo di vedere tutte le opere dal vivo lo persegue per anni, lui vuole poter vedere con i suoi occhi i colori delle tele più famose del  mondo, capire la tecnica del colore e della pittura, ma allo stesso tempo inizia a limitare un’idea politica e sociale dell’arte che si definirà proprio attraverso lo studio degli artisti: l’opera dell’artista come concetto sociale.
Stretto nella mentalità provinciale americana a 19 anni lascia la sua città per trasferirsi nella cosmopolita New York che gli farà conoscere la fama e la popolarità, servirà come trampolino di lancio per la sua visione artistica ma alla stesso tempo gli servirà un conto salatissimo da pagare di una vita dissoluta e promiscua.
Negli anni newyorkesi Haring si sente libero di vivere la propria omosessualità che fino a quel momento aveva tenuto sotto chiave, inaccettabile nel suo paese di origine, e non solo comincia a sperimentare il sesso con gli uomini ma fa del proprio orientamento sessuale un’azione politica e sociale atta a liberare il mondo dal pregiudizio e dallo stigma dell’AIDS che in quegli anni aveva portato i gay a essere discriminati e odiati più del solito.

“La sua ultima opera pubblica, un anno prima che morisse, è del 1989 a Pisa. Dipinge la facciata della chiesa di Sant’Antonio Abbate e l’opera  (una delle poche che abbia un titolo) si chiama TUTTO MONDO. E’ un’enorme raffigurazione del mondo, di quello che Haring sperava che diventasse il mondo, di amore e fratellanza.”

Incontra i più grandi esponenti della Pop Art: Andy Wharol, Jean-Michael Basquiat e Lee Quinones, ma odia l’idea che le opere d’arte restino chiuse in un museo.  Così la concezione di rendere la sua visione del mondo in ogni parte visibile. Inizia a dipingere in piccoli spazi pubbicitari in metropolitana dove le persone passando potevano familiarizzare con  il suo stile. Muri di edifici, auto, bottiglie di plastica, tazze e t-shirt. Dipingeva ovunque. Anche su se stesso. Da qui la sua idea democratica dell’arte.
I suoi messaggi sono sulla libertà, la pace, l’uguaglianza. Ma anche molto intimi: i suoi dolori, le paure e la passione per il sesso.  E’ ossessionato dall’idea che tutti debbano conoscere la sua arte, anche chi di arte non è interessato o chi non può permettersi di andare in un museo. E in un’epoca ancora lontana dai social, così pensa di rendere fluibile le sue immagini attraverso due grandi canali vicinissimi ai giovani: MTV e gli orologi SWATCH. In men che non si dica le sue opere diventano iconiche diventanto il simbolo per eccellenza degli anni 80.
Inizia a viaggiare per il mondo. Le sue opere possono essere rintraciate in tutte le capitali europee e in Sud America.  A New York, nel quartiere Soho, apre il Pop Shop. Vende i gadget con incise le sue opere più iconiche ma è anche uno spazio per i giovani artisti possono sperimentare e mettere in mostra le proprie opere d’arte.

Muore a l’età di 31 anni per complicazioni da AIDS. Consapevole di non vivere a lungo fonda la Keith Haring Foundation per sostenere artisti che mandino messaggi di pace ed uguaglianza.
La sua ultima opera pubblica, un anno prima che morisse, è del 1989 a Pisa. Dipinge la facciata della chiesa di Sant’Antonio Abbate e l’opera  (una delle poche che abbia un titolo) si chiama TUTTO MONDO. E’ un’enorme raffigurazione del mondo, di quello che Haring sperava che diventasse il mondo, di amore e fratellanza.

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Rosalba Iodiceconservazione del territorio e valorizzazione dei beni culturali https://www.fashionlifemagazine.com/rosalba-iodice-conservazione-del-territorio-e-valorizzazione-dei-beni-culturali/ Sat, 09 Oct 2021 13:57:07 +0000 https://theissue.fuelthemes.net/?p=103 Da sempre si occupa di programmazione territoriale, conservazione e valorizzazione dei beni culturali. Dopo la laurea in architettura, si è specializzata in progettazione urbana, ma l’esperienza che ha segnato il suo sguardo sul mondo e la sua successiva attività lavorativa è stata senza dubbio l’aver ricoperto la carica di assessore comunale. Questa esperienza le ha…

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Da sempre si occupa di programmazione territoriale, conservazione e valorizzazione dei beni culturali. Dopo la laurea in architettura, si è specializzata in progettazione urbana, ma l’esperienza che ha segnato il suo sguardo sul mondo e la sua successiva attività lavorativa è stata senza dubbio l’aver ricoperto la carica di assessore comunale. Questa esperienza le ha consentito di acquisire, arricchendo la sua formazione, quegli strumenti operativi utili a mettere in pratica strategie e visioni volte alla trasformazione e al miglioramento di alcuni significativi gioielli della nostra terra.

 

Giovanissima, appena ventisettenne, si è misurata nel governo della “cosa pubblica” con tale passione che – ci racconta – il suo Sindaco stigmatizzava il suo perseverante impegno chiamandola “Giovanna d’Arco”. Questa sua attitudine e propensione alla programmazione e gestione del territorio è sempre stata indirizzata innanzitutto alla valorizzazione degli spazi urbani e degli immobili pubblici degradati o abbandonati; di fatto, questa è diventata la sua autentica missione. Nell’area atellana, una Casa del Balilla degli anni ’40 di pregiata architettura razionalista, era abbandonata e deturpata: grazie al suo contributo fu acquisita a patrimonio comunale e con la realizzazione del progetto di restauro, riqualificazione e ampliamento realizzato con gli architetti Luigi Sirico e Pasquale Mitrano, è divenuta la Casa delle Arti, con una biblioteca e uno spazio per il teatro e per le arti applicate. Qui gli artisti Mimmo di Dio e Andrea Sparaco hanno segnato lo spazio con opere poetiche che dialogano con il linguaggio e le parole e la meditazione, nella stanza pensatoio. La casa editrice Electa ha pubblicato una monografia di questa interessante opera architettonica che è stata insignita di vari premi. A Positano, sempre nel solco dell’arte e dell’architettura, divenuti temi centrali delle sue riflessioni e delle sue opere, Rosalba Iodice è progettista, con Max De Cesaris, della riqualificazione della Piazza Flavio Gioia, con la partecipazione dell’artista Mimmo Paladino. L’intervento sottolinea la valenza dell’arte contemporanea nella città storica: la piazza è divenuta museo all’aperto di arte contemporanea e sovrasta le rovine di una villa romana. La suggestione delle rovine, dei frammenti di mosaici sotto il battuto di lapillo – tipo di pavimentazione utilizzata dai romani, così come il coccio pesto alle pareti – costituiscono la nuova pavimentazione. L’utilizzo dei materiali ripercorre il senso di uno spazio riscoperto “portato alla luce” sotto la ormai ispessita e consolidata colata lavica dell’eruzione del Vesuvio. La metafora dei ritrovamenti dei restauri e dei frammenti riportati alla luce dagli scavi si coniuga dialetticamente con la tecnica dove “ogni avanzo di opera d’arte non può essere ricondotto all’unità, come ci ha insegnato Cesare Brandi”, dice Rosalba Iodice. Paladino realizza la sua opera in mosaico con inserti nella pavimentazione e una splendida colonna, simboli della storia antica, a cui restituire voce nella memoria della comunità. Anche grazie a questo delicato e raffinato intervento urbano, negli anni successivi la domus romana è stata scavata “riportata alla luce” e oggi è fruibile quale sede di un museo archeologico.
È suo l’articolo “Il luogo inscindibile dell’arte e dell’architettura: le opere d’arte negli spazi pubblici” su D’A 32 Arte e Architettura.
Per l’illuminato imprenditore culturale Luciano Stella, progetta e realizza la Multisala Happy Maxi Cinema alle Porte di Napoli. Per questa impegnativa realizzazione anche tecnologica, è coordinatrice di un team di architetti e ingegneri. Sulla parete curva che taglia la grande vetrata strutturale, congiungendo l’esterno con l’interno, si legge: “There is no way to happiness. Happiness is the way“ volendo lasciare una riflessione anche ai frequentatori di un centro commerciale che, nostro malgrado, è divenuto l’agorà dei nostri tempi. Tra gli interventi di rigenerazione urbana redige con Alessia Fratta il Programma Integrato dell’area contigua alla Reggia di Caserta, con la riqualificazione di diversi spazi pubblici e restauri su immobili sottoutilizzati e abbandonati: questi oggi sono divenuti strutture per la cultura, per l’intrattenimento e per l’accoglienza. Qui un finanziamento pubblico di soli 5 milioni di euro ha innescato un processo di investimenti privati superiore a 70 milioni di euro, rivitalizzando l’intera area cittadina contigua alla Reggia e innescando una qualificata programmazione pubblica con la realizzazione di un grande parcheggio interrato, la ri-funzionalizzazione degli emicicli storici e di altri immobili lungo il perimetro del monumento. Oggi questa importante rigenerazione urbana è ancora in corso; è di questi giorni la delocalizzazione dell’aeronautica militare, secondo un successivo e lungimirante programma del Ministero della Cultura. Rigenerazione urbana che è anche sociale e culturale: andando oltre il destino dei luoghi, questa diventa occasione di produzione di sistemi di valori per la crescita di armoniose interazioni. Pubblica questo significativo lavoro di programmazione e riqualificazione territoriale curando il volume “La città della memoria” il Programma Integrato della Reggia di Caserta e le sue potenzialità di sviluppo con le fotografie di Fabio Donato. Per anni è stata consulente per la valorizzazione dei beni culturali per la Regione Campania ricoprendo anche l’incarico di Autorità di Gestione del Programma Interregionale Attrattori Culturali, Naturali e Turismo e contribuendo alla definizione dei Poli e delle Reti delle Regioni del Sud Italia. Sempre in Regione, nel ruolo di esperto senior per la Promozione e Valorizzazione Integrata del Sistema dei Beni Culturali, ha seguito l’attuazione di diversi interventi ricadenti nei Progetti Integrati dei Grandi Attrattori Culturali, tra cui i Campi Flegrei, Pompei Ercolano, la Reggia di Caserta e con Francesco Escalona l’affascinante isola flegrea, con il progetto “Circuito turistico culturale tra l’isola flegrea di Procida e Bacoli: antiche terme, ville imperiali, borghi, abbazie, castelli e palazzi” con il coinvolgimento dei territori di Ischia Procida Bacoli e Pozzuoli per la visita alle meraviglie archeologiche e naturalistiche dei Campi Flegrei.

È stata componente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Real Sito di Carditello, nella fase di definizione della sua governance e della sua effettiva partenza operativa con la presidenza di Mirella Baracco e dell’ex Ministro Nicolais dopo.
Dal 2015 al 2020 è’ stata componente del Comitato Scientifico del Museo della Reggia di Caserta. Ha accompagnato la propria attività professionale con il costante approfondimento scientifico sui temi legati alle politiche culturali, anche con insegnamenti in diverse Università e scuole – tra cui quella per dirigenti – ed è stata docente del corso di “Management pubblico per la valorizzazione dei beni culturali”; all’Università Luiss con Enzo Peruffo ha presentato il caso Procida.
L’amore per la divulgazione e la gestione della conoscenza dei beni culturali, la porta anche a perlustrare nuove possibilità di fruizione dei siti archeologici: già nel 2010 deposita un brevetto per la fruizione dei beni culturali in modalità interattiva dinamica, con impiego di tecnologie di “realtà aumentata”. L’intento è rendere attrattiva la fruizione dei siti archeologici anche alle fasce generalmente escluse dal consumo culturale: modalità innovative di fruizione dei beni culturali, nuove prospettive di visita, di conoscenza e di educazione. La possibilità, dunque, di trasformare una classica visita in una esperienza coinvolgente ed emozionante, rendendo la storia comprensibile ai più e portando i valori delle architetture antiche alla conoscenza anche dei meno motivati, ma indispensabili fruitori, come i residenti, nella convinzione che solo attraverso la loro partecipazione i beni culturali possano diventare vivi, protetti e costituire un simbolo propulsivo dei territori. Da oltre 10 anni vive a Procida con Cesare e Paolo, loro figlio. Appena arrivata sull’isola, ci racconta, mette a disposizione del Comune le sue competenze per l’attivazione del difficile processo di trasferimento dell’ex carcere, attraverso il federalismo demaniale, con la stesura di un Programma di Valorizzazione sostenibile e credibile. Si occupa successivamente della redazione del Piano Particolareggiato di questo importante complesso monumentale realizzato nella seconda metà del ‘500 per volere del Cardinale Innico d’Avalos, figlio di Alfonso, del quale è esposto al Getty Museum uno splendido ritratto dipinto da Tiziano.
Il palazzo del Cardinale divenne residenza reale di Carlo di Borbone nel 1734 e bagno penale del Regno nel 1830. Dalla meta dell’’800 i Gesuiti lo resero luogo di redenzione per i reietti e gli ergastolani, perseguendo il principio dell’ ora et labora. Nel 1988 il carcere di massima sicurezza viene chiuso e da allora lasciato nel degrado dell’abbandono. Il lavoro di Rosalba Iodice, per l’Amministrazione Comunale, è stato quello di costruire le condizioni per ridare nuova vita a questo bene culturale. Il Palazzo d’Avalos, nel suo valore di hub culturale, come riportato nel Programma di Valorizzazione, attraverso la sua rigenerazione potrà aprire le porte alla permanenza di visitatori legati alla ricerca, al sistema universitario straniero, alle residenze per artisti e creativi con una produzione culturale diffusa, divenendo la nuova fabbrica per l’isola del mondo dell’arte, della conoscenza, della ricerca e dell’alta formazione e accompagnando così le speranze e le visioni del futuro dei giovani di questa splendida isola, con l’attenzione di non snaturare la sua identità e i suoi ritmi.
A conclusione della redazione degli strumenti di programmazione ed urbanistici redatti per l’Amministrazione Comunale di Procida la casa editrice Nutrimenti pubblica la monografia “Palazzo d’Avalos e l’ex carcere di Procida: il complesso monumentale rinascimentale tra passato presente e futuro”. Il libro è stato tradotto in inglese, se ne attende la stampa. È stata curatrice e direttore artistico dell’evento “Itinerari di Arte Architettura Natura Letteratura Teatro Cinema tra le Tradizioni Etnografiche Gastronomiche e Musicali” programma di eventi promozionali finanziato dalla Regione Campania. Questo progetto ha costituito spunto e innesco per una serie di nuovi manifestazioni annuali culturali a Procida tra cui Il Trofeo del mare, divenuto poi Maretica, di cui oggi Alessandro Baricco insieme a Claudio Fogu e i procidani Gianni e Domenico Scotto portano avanti un interessante appuntamento annuale per l’isola, insieme agli storici premi dedicati ad Elsa Morante, a Concetta Barra e allo splendido format Procida racconta voluto da Andrea Palombi e Ada Carpi di Nutrimenti e curato da Chiara Gamberale.

Con l’itinerario dedicato all’ex carcere, oggi finalmente per tutti Palazzo d’Avalos, si da inizio, con il suo progetto, alla rigenerazione di questo bene attraverso l’arte contemporanea con l’opera di Alfredo Pirri “7.0 che a Rosalba piace chiamare “Sorge il sole a Palazzo d’Avalos”. L’opera assume, come si vede dalla copertina del libro, il valore di simbolo della rigenerazione: un fascio di luce che all’alba trasforma una finestra in un brillante incastonato nel maniero per imprimere e quasi sigillare la rinascita, facendo sbocciare la sua quarta vita, attraverso l’arte purificatrice e rigeneratrice di questa architettura maestosa nel cuore del Mediterraneo, appuntamento elaborato successivamente, con bravura, dall’associazione che gestisce le visite con l’alba al palazzo. La parte più affascinante del complesso monumentale cinquecentesco è senza dubbio Santa Margherita Nuova che si erge sul promontorio di fronte alla Corricella. Rosalba Iodice è la co-progettista del consolidamento e del restauro dell’ex convento e ne sta seguendo i lavori per la realizzazione di gallerie espositive, spazi museali e spazi relazionali. Questo luogo sarà un importante e suggestivo percorso paesaggistico per i visitatori, ma innanzitutto un nuovo luogo per le tantissime attività culturali della vivissima comunità procidana. L’ex convento diverrà il luogo dove l’arte sarà indissolubilmente legata al senso architettonico degli spazi.

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Pietro Del Vaglioil poeta dell’abitare https://www.fashionlifemagazine.com/pietro-del-vaglioil-poeta-dellabitare/ Fri, 08 Oct 2021 16:21:15 +0000 https://theissue.fuelthemes.net/?p=163 L'articolo Pietro Del Vaglio<br>il poeta dell’abitare proviene da Fashionlife Magazine.

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DAGLI ESORDI, ALL’APERTURA DEL SUO STUDIO, SINO ALLA FAMA INTERNAZIONALE: ECCO LA STORIA DI UNO DEGLI INTERIOR DESIGNER PIÙ IMPORTANTI AL MONDO

Pietro Del Vaglio è più di un interior designer, è un grande appassionato che mette gusto, talentoe dedizione nel suo lavoro, realizzando veri e propri capolavori in giro per il mondo. Pietro Del Vaglio Studio di Progettazione, con sedi a Firenze e Monte di Procida, si occupa di architettura d’interni e design. Le creazioni firmate Pietro Del Vaglio hanno la caratteristica di sapersi adattare al luogo, alla richiesta del cliente, all’originalità della scelte delle creazioni, dei colori, delle linee.

Pietro Del Vaglio, con i suoi lavori assolutamente unici, riesce a imporsi in un mercato difficile, e le sue innate capacità vengono riconosciute in breve tempo. E anche l’estero si accorge di lui. La sua prima creazione, nel 1995, verrà esposta a Chicago nel Museo
di Architettura e Design in occasione di una mostra dedicata alle 25 sedute più interessanti degli ultimi 25 anni, alla quale partecipano,
tra gli altri Philip Stark ed Enrico Tonucci. In seguito, le sue opere sono esposte in occasione delle aperture di show room in Europa, negli Stati Uniti, Giappone e a Mosca. Ma la sua attività di progettista d’interni continua parallelamente a quella di designer con il suo nuovo studio di Firenze, dove si trasferisce agli inizi degli anni Novanta e dal quale nascono disegni e progetti per numerosi clienti, tra cui anche
noti personaggi dello spettacolo, come Anna Falchi. Molto proficua è l’attività di progettista d’interni, grazie soprattutto alle sue idee innovative. Dal 2005 realizza negli Stati Uniti una serie di ristoranti e residenze private, e nel 2006 la casa editrice Masso delle Fate pubblica il volume “Abitare le Emozioni”, che raccoglie i lavori di quegli anni. Dal 2011 ad oggi continua a dedicarsi a progetti sempre più impegnativi, sia in Italia che all’estero, ricevendo sempre larghi consensi dalla stampa del settore. Anche AD Germania si interessa ai suoi progetti pubblicando ad aprile 2013 un articolo riguardo una residenza realizzata a Pozzuoli. A novembre 2014 nel numero celebrativo
400 di AD, Pietro del Vaglio viene inserito tra i migliori 13 interior designer che meglio interpretano le nuove tendenze dell’abitare, ricevendo così la definizione “di poeta dell’abitare”. Attualmente le sue progettazioni di residenze continuano sia su territorio italiano che estero, mentre vive e opera fra Firenze e Napoli. Numerose le abitazioni da lui progettate che hanno attirato l’attenzione della stampa del settore: in primis la prestigiosa Architectural Digest, che pubblica nel Luglio 2015

la splendida villa di Capri; nel Luglio 2017 un’altra importante villa all’Isola d’Elba; e nel Giugno 2019 riceve la terza copertina di AD con una raffinata ristrutturazione di una casa a Napoli. Sempre nello stesso anno il magazine lo annovera fra i progettisti che negli anni hanno contribuito allo stile della rivista stessa. La sua ricetta? Luce, colore, senso delle proporzioni e gusto scenografico. Nel dicembre del 2019 presenta a Sofia il suo terzo libro, interamente dedicato a una residenza di lusso realizzata a Stara Zagora. Grande interesse da parte del pubblico e della stampa nazionale Bulgara, che ha dedicato ampi servizi all’evento. Nel 2020 disegna la poltrona SEVENZERO per celebrare il 70esimo anniversario di Sanremo, diventando la copertina di un noto settimanale sulla quale era ritratto il Direttore artistico nonché presentatore Amadeus. Molto attento al tema dell’accoglienza, insieme con Michele Schiano Moriello, sta realizzando molti ristoranti, boutique e hotel di successo. Gli elementi presenti alla base della sua progettazione sono le cromie della sua terra d’origine, l’interesse per la storia, con l’intento di restituire un progetto con una dimensione contemporanea, e trovare il giusto compromesso tra le esigenze del cliente e la sua creatività.

L'articolo Pietro Del Vaglio<br>il poeta dell’abitare proviene da Fashionlife Magazine.

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